Nell’accogliente salotto della home gallery Artist Presentation Space mercoledì 19 dicembre in una serata pre natalizia, Enrico de Marinis, in arte Zefram, ha presentato a un attento e curioso pubblico il suo percorso di ricerca creativa.
Nella sua biografia è indispensabile sottolineare il momento di crisi che lo ha visto buttare foto, macchine fotografoche e premi ricevuti nel corso degli anni e smettere di fotografare per non essere costretto a usare la propria creatività per compiacere il pubblico e il mercato.
Grazie a quel periodo oggi Zefram è un artista libero. La sua ricerca è indirizzata a mostrare mondi onirici altrimenti invisibili.
Proveniendo dalla fotografia tradizionale ama pensare al momento dello scatto in modo da doverlo ritoccare il meno possibile. La post produzione digitale ha il principale scopo di abattere i costi che i surreali set di Zefram richiederebbero. I suoi scatti sono quindi il frutto d
i accurati allestimenti e il lavoro digitale si limita a qualche ritocco di luci e a qualche effetto di sovrapposizione.
Zefram ha scelto il suo nome d’arte ispirandosi all’inventore del motore a curvatura della sagra di Star Trek: Zefram Cochrane, colui che ha permesso, nella finzione cinematografica, di raggiungere altri pianeti e conoscere nuovi mondi.
Questo è l’obiettivo di Zefram fotografo. La fotografia per l’artista diventa il mezzo per comunicare le proprie visioni interiori, fermarle in un fotogramma che possa mostrarle e dare all’osservatore la possibilità di entrare in “mondi impossibili”.
Possiamo definirlo un outsider della fotografia. I suoi soggetti surrealistici e psichedelici sono il risultato di una libera ricerca artistica ed espressiva. Ogni opera è la riproduzione fotografica di una scultura effimera o di un allestimento materiale costruito nel dettaglio seguendo esclusivamente i suggerimenti del potere immaginativo dell’artista. Tutto ciò che può apparire frutto di una grafica digitale è effettivamente il “reale” di cui Zefram si serve per “permettere alla mente di andare altrove”.
I lavori presentati appartengono alla Serie Echoes ispirata all’omonimo brano dei Pink Floyd. L’intero progetto è finalizzato a dare una rappresentazione visiva del brano. Tutte le opere sono stampe Lambda con carta chimica fotografica Kodak Ultra Endura (stabilità garantita dei colori, oltre 100 anni con illuminazione tipo museo) montate a caldo su supporto rigido di Gatofoam da 10 mm, plastificate con pellicola super-matte anti-UV.
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