Nella mostra Mirrors of Emptyness gli specchi dell’artista ci portano in un gioco complesso di rimandi e piani di lettura in cui ritorna un altro elemento caro alla Diaco Mayer: la circolarità. Il cerchio vuoto, chiamato Enso nello zen, è il simbolo della Realtà e al tempo stesso della nostra capacità di comprenderla. Nel gesto dell’Enso, tracciato a mano libera, possiamo ritrovare il segno grafico dell’esperienza del riflettersi. Quanto sperimentiamo davanti allo specchio, lo possiamo trovare dunque tradotto nella prospettiva bidimensionale del cerchio.
Qui inizio e fine si confondono permettendo all’attimo presente di dilatarsi e diventare infinito. Così gli specchi della Diaco Mayer restituiscono un’immagine indefinita ed evanescente, dove l’osservatore perde i dettagli esteriori del proprio essere, i riferimenti netti ai quali si aggrappa nel tentativo dell’autodefinizione. Emerge allora il non-io. Il contorno dell’immagine si dissolve evocando un senso d’impermanenza, come nello stato meditativo in cui l’individualità si discioglie nel Tutto. Perdendo i caratteri distintivi lasciamo emergere l’essenza universale che accomuna ogni Essere.
Il motivo della riflessione del nostro sé più autentico e allo stesso tempo del nostro panteistico essere tutte le cose è espresso in modo emblematico nell’opera Liberi di esseretutto ciò che non siamoin cui 17 piccoli specchi di diverse dimensioni e formati raccolgono incorniciando la nostra immagine che si moltiplica in altrettante superfici. L’effetto è ritrovarsi molteplicità nell’unità. Appartenendo all’universale ognuno di noi contiene il Tutto ed è al tempo stesso ogni cosa.
La chiave di lettura offerta dal titolo della mostra Mirrors of Emptyness, Specchi del Nullaci ricorda il punto di contatto tra essere e non essere, come nell’Enso, dove inizio e fine si fondono in un unico gesto convesso, simbolo della vacuità del mondo e della nostra stessa vacuità. Ed è proprio questa sensazione di vuoto che ci viene restituita dall’immagine sfocata riflessa negli specchi. Un vuoto che agisce potentemente come apertura esistenziale verso l’infinito.
(dal catalogo della mostro Mirrors of Emptiness edito dalla Comel edizioni)
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