Dall’ascolto dei materiali, dall’osservazione degli scarti e dal potere di una tecnica che si è andata raffinando negli anni nascono le opere di Ilaria Sartini, lavori in cartapesta ricchi di rimandi a mondi fiabeschi, letterari e mitologici.

Vecchie scatole e carta di giornale prendono vita e colore attraverso il lavoro diretto delle mani sui materiali, attraverso l’osservazione della visione che ogni scarto porta con sé.

Ilaria Sartini durante un momento dell’atelier condiviso

Sono tanti i lavori in cartapesta che animano gli spazi dell’Ex Lavanderia. Opere di Ilaria Sartini da anni attiva in questo luogo con corsi per bambini e adulti. Per la mostra nata dall’atelier condiviso ha preparato un nuovo lavoro che racchiude in sé il potere del mito, la forza della narrativa, il gusto teatrale e rimandi storici collegati all’ambiente manicomiale.
Si tratta di un sogno che ha il potere di collegare il passato mitologico a un presente d’immaginazione e speranza. Proprio come accade attraverso la tecnica della cartapesta, anche nella narrativa l’opera di Ilaria Sartini nasce da un recupero del passato e si spinge trasformandolo verso un presente fiabesco dove tutto è possibile.

Così appare la Maga Circe, che torna a vivere in una donna internata nel manicomio. Ma questa nuova vita è dotata del potere delle fiabe a lieto fine e così la camicia di forza è abbandonata per terra e i due medici che stanno tentando di fermarla vengono trasformati in maiali da un rito stregonesco messo in atto dalla nostra Circe.

Il trionfo di Alice, dettaglio

Il passato mitico arriva in soccorso di un passato storico a noi ancora vicino e ci offre un’immagine alternativa, una via d’uscita che utilizza lo strumento stesso della follia e dell’assurdo come mezzo per rompere l’incantesimo medico contenuto nelle siringhe in mano ai dottori. La magia trionfa sull’imposizione medica.

Lo stesso capovolgimento è messo in atto da Alice che decapita la Regina che voleva tagliarle la testa.

Tra tutti trionfa il pazzo d’amore, Sirio, che canta felice tra gli alberi, perché la follia liberata dalle etichette mediche può a sua volta diventare danza liberatoria.

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