Vincitrice del Premio del Pubblico della X Edizione del Premio Comel Alessandra Rovelli espone il suo lavoro allo Spazio Comel di Latina.

La mutevolezza e l’andare: due temi che segnano il procedere della vita. Ogni forma di vita è mutevole e si evolve in un cammino. L’andare umano, e di qualsiasi essere sul pianeta, prende senso proprio nella mutevolezza, nel permettere che domani sarà diverso da oggi, nell’accettare che perdiamo e acquistiamo incessantemente e quindi mutiamo. Eppure nelle opere di Alessandra Rovelli sembra regnare la stasi. Deserti di neve, lande scure sotto cieli immensi, terre disabitate e, dove intravediamo tracce umane, sono i segni del passaggio di qualcuno che ora è assente: lampioni accesi per nessuno, tralicci della luce o gru immobili.

In questo accostamento tra paesaggi vuoti, apparentemente statici, e consapevolezza di un costante movimento è la chiave per accedere al lavoro di Alessandra Rovelli. La mutevolezza alla quale l’artista si riferisce è data dall’insieme del suo lavoro: attimi diversi del giorno, stagioni diverse, natura che cambia e dunque si trasforma. Per questo il lavoro dell’artista si sviluppa in composizioni, dove i singoli pezzi, come in una musica, formano insieme la melodia, il procedere. Ogni opera raccoglie un istante, una vibrazione che si amplia e che entrando in relazione con le altre procede verso una sensazione d’insieme che è innanzitutto percorso, flusso.

La staticità apparente è un invito alla contemplazione, dove il paesaggio diventa porta di accesso verso dimensioni introspettive, vive e mutevoli. Non è solo nella sua composizione che l’opera della Rovelli racconta la mutevolezza, ma anche nell’osservazione delle percezioni individuali che cambiano assecondando stati d’animo e fasi della vita, così mondo interiore e ambiente si vanno accordando e l’essere umano, graficamente assente nel lavoro di Alessandra diventa parte dell’opera attraverso lo sguardo. Il silenzio del paesaggio sembra chiamare a una partecipazione ricordando che il senso mutevole del nostro andare si costruisce attraverso l’osservazione consapevole, quella silenziosa intesa tra ambiente e abitante, che in senso lato coinvolge ognuno di noi nella nostra relazione con la Terra.

La Natura appare allora come protagonista e attraverso i suoi molti volti, invita l’essere umano a un dialogo che è innanzitutto assunzione di responsabilità e consapevolezza di un andare comune.

Questo dialogo tra interno ed esterno, che echeggia come un respiro, prende forma attraverso la scelta tecnica di dipingere su scatole, dunque su contenitori, su elementi creati appunto per proteggere un interno. L’importanza di questo spazio vuoto, invisibile, eppure parte essenziale dell’opera è sottolineata dalla presenza di un messaggio poetico che l’artista inserisce nella scatola e che non potrà dunque essere letto. Si tratta di un ossimoro, della pienezza del vuoto, di una presenza non percepibile che, esattamente come lo sono le assenze umane nei paesaggi, emerge a soggetto immateriale e intangibile.

(dal catalogo della mostra)