Perdersi davanti all’opera di Luciano Bonomi è quasi inevitabile. Ci si fa piccoli per avvicinarsi attratti da una misteriosa forma di magnetismo e là si resta, intrappolati tra miti e richiami letterari, personaggi storici ed epici, chiacchiere tra comari e silenzi marini…
L’opera dell’artista milanese ha la capacità di racchiudere la vastità del sapere umano e la ricca sfaccettatura delle molteplici discipline in cui per secoli abbiamo lanciato la nostra creatività. Dai testi epici alle suggestioni cinematografiche, dai personaggi della politica interna a quelli legati ad antiche forme di spiritualità esotica, dal teatro alla musica, dalla letteratura contemporanea alla religione… Tutta questa eterogenea ricchezza è poi portata all’essenza di un filo metallico: il filo del racconto che da millenni collega l’essere umano al suo passato e ai molteplici passati dei suoi simili.
Alcuni miti, alcune biografie, alcuni incontri lasciano emozioni forti e guidano la mente e il cuore verso un desiderio di compenetrazione. La narrazione mitica, quella fiabesca, il mondo iconografico appartenente a un immaginario collettivo e quello più intimo e biografico dell’artista si fondono dando vita a personaggi riconducibili a determinati momenti, ma anche capaci di prestarsi a nuove letture.
Ed è proprio nella possibilità di aprire il racconto a nuove letture, riconoscendo che il punto finale della storia non è ancora stato messo, che il canto delle sirene dell’opera del Bonomi amplifica il suo potere mesmerico risuonando nell’orecchio del bambino che vive in ognuno di noi. In una contemporanea poetica del fanciullino l’artista tocca le corde più sensibili dell’animo umano, quelle che ancora vibrano di viva curiosità davanti alla possibilità dello svelarsi di un racconto.
Eppure le trame dei racconti si svelano solo alle menti capaci d’immaginazione, e nell’opera del Bonomi possiamo dire che questo sia l’elemento di raccordo tra autore e fruitore, tra artista e osservatore.
Tra il momento immaginativo che precede la creazione dell’opera e che vive solitario nella mente dell’artista e il momento in cui l’opera arriva all’osservatore si crea una doppia corrispondenza. Entrambi i momenti, quello creativo e quello contemplativo, si poggiano sulle capacità immaginative. A chi osserva l’opera infatti non è data un’immagine statica, un pacchetto preconfezionato leggibile in senso univoco, ma un frame di racconto, un trampolino per spingere la narrazione oltre.
(dal catalogo della mostra Il Racconto Corre sul Filo curata da Dafne Crocella presso lo Spazio Comel)
Scrivi un commento