C’è un popolo che canta, nelle chiese e negli stadi. Canta e recita il copione che ha imparato. Canta senza accorgersi che non è l’arbitro il responsabile delle sue sofferenze, e non è un peccato originale quello che lo costringe ad accettare e tirare avanti.
E’ il popolo che sogna e spera davanti a un altare o a una televisione. Ma che non agisce. Accetta le verità che gli vengono proposte e giudica in base al ritornello che ha imparato.
Un popolo che, come già notava Pasolini negli ani ’50, è diventato massa. Ce lo presenta in Le Ceneri di Gramsci, in una epifora ricorrente, in chiusura delle strofe centrali, una sorta di punto, di soluzione non risolutiva “E il popolo canta”. Va avanti senza rendersi conto di essere complice della sua stessa sofferenza.
Poi ci sono, in tutte le epoche, le voci fuori dal coro. Quelle che stonano sul ritornello, stridono e mostrano altro. Le voci che vogliono che la musica cessi, che si faccia silenzio e si osservi con consapevolezza. Sono alcuni giornalisti, intellettuali, artisti che, come nel caso di Pasolini ieri e di Assange oggi, se non si mettono maschere teatrali e non sdrammatizzano ironicamente sulle verità che stanno raccontando, allora devono essere messi a tacere.
Il Collettivo degli Artisti di Montemario propone per la festa del primo anno della Casa del Popolo, un dialogo tra Pasolini, Assange e noi. Una conversazione aperta, un confronto tra epoche nella costante necessità di trasparenza. Sarà un’occasione per riflettere sul ruolo del Popolo che sceglie consapevolmente di non essere massa, di rifiutare il ritornello imposto e di comporre il proprio canto rivoluzionario.
L’inchiesta giornalistica, la libertà di espressione, il diritto all’informazione sono temi che sono stati trattati dal collettivo durante l’anno e che torneranno a confrontarsi sabato 17 dicembre per la festa del primo anno della Casa del Popolo del Quartaccio “Lorenzo Orsetti”.
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