Esistono dei luoghi immateriali che possono essere abitati. L’arte è uno di questi e Paola Marinelli la abita da tempo. E’ un non-luogo che trascende le definizioni, uno spazio che è radice identitaria nel quale è piacevole fermarsi, essere accolti, restare.
Con questa mostra Paola Marinelli ci invita ad entrare e soffermarci nelle sue stanze, nei luoghi immateriali dell’arte, là dove convivono gli opposti, e avvicinando ciò che appare incongruo si creano nuove possibilità di incontro, nuove sinergie, nuove storie.
Più che un luogo l’arte di Paola Marinelli è una declinazione di luoghi, un insieme di stanze, una casa. Ogni angolo contiene una sua caratteristica e ogni zona è mostrata rispettando queste conformazioni. Entrare nelle stanze di Paola Marinelli è dunque un ripetersi di ingressi in zone intime. Soffermandosi in ognuna di queste potremmo capire dove amiamo di più stare. L’invito si declina così in un incoraggiamento ad andare in profondità verso noi stessi. Quanto più scendiamo nell’individuale tanto più ci apriamo all’universale. Questa è l’esperienza che sostiene la mostra. Abitiamo la materia in quanto esseri incarnati e l’individuale abitare le proprie stanze, prima fra tutte il corpo fisico capace di esperienze sensoriali, è ciò che ci accomuna universalmente.
L’essenza della poliedricità nell’unità emerge visivamente attraverso la grande opera modulare Umanità: una costellazione di singoli elementi che, come in un cielo stellato, cadono dall’alto ricoprendo l’intera parete di bagliori, forme, colori. L’unità è data dalla molteplicità, e l’armonia che permette la coesistenza è data dalla giustapposizione, dall’intervallarsi di zone piene e vuote, dal coesistere di diversità, fondamentalmente dal rispetto degli spazi dell’altro.
Più intimi e chiaramente invitanti ad un rapporto sensoriale diretto, visivo ma anche tattile e olfattivo sono gli angoli dei Totem da Tavolo, piccoli elementi tridimensionali che cambiano fisionomia attraverso la scelta dell’osservatore. La relatività dello sguardo individuale si mostra chiave di lettura. L’opera contiene narrazioni diverse e ognuna può essere approfondita a seconda del momento e della scelta che farà chi entra in relazione con essa. Ogni nucleo contiene molteplicità, che possono essere osservate e sperimentate singolarmente o nel loro stesso fluire da forma a forma. La mutevole impermanenza della materia si mostra nel suo perpetuo scorrere. Ci troviamo di nuovo di fronte al paradosso, alla convivenza di concetti opposti.
La stessa coesistenza di opposti è presente nella scelta tecnica e materiale. Ogni opera nasce da un processo di redenzione della materia scartata. Allumini, pizzi, carte da schizzo, elementi carichi dei resti di vite passate vengono trasformati in opere d’arte attraverso una loro rilettura. Il gesto artistico di Paola Marinelli è mosso da un profondo senso di rispetto verso le storie trascorse delle quali possiamo ritrovare tracce nella materia di oggi. Ciò che viene considerato scarto assurge quindi a valore. La preziosità è contenuta nell’intimità delle narrazioni che hanno portato a un apparente deterioramento dell’oggetto. Il lavoro è un kintsugi che sceglie di utilizzare un collante immateriale, un oro invisibile, con cui cucire tra loro frammenti di elementi e permettere così nuova vita.
Il lavoro artistico è un allenamento al lasciar andare permettendo la trasformazione attraverso l’accettazione del nuovo. Ciò che definisce è superato in quanto pone confini e staticità, per accogliere invece dobbiamo restare aperti alle possibilità, alle riscritture.
L’invito è dunque a lasciarci andare nell’invito stesso, entrare, essere ospiti di noi stessi e riscoprirci oltre le definizioni, collegando i nostri opposti, permettendo convivenze e risonanze. Riconoscendo nella nostra intima profondità l’essenza dell’altro e la nostra, potremo sperimentare l’appartenenza all’universale.
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