Ricco di rimandi a simboli e archetipi il lavoro di Gianluca Emanuele Varano si distingue per la ricchezza di letture e interpretazioni a cui si offre.

Nella mostra Etichette DOC presenterà due lavori, due giochi, uno di corone l’altro di specchi. Nel leggerli insieme si ha la sensazione di scivolare in un pericoloso labirinto di rimandi ipertestuali e capovolgimenti dove il gioco delle carte dei Tarocchi ci trascina con la sua antica simbologia.
Nella prima opera, DOC, a Game of Crown, l’artista gioca con il simbolo della corona, termine ormai destinato al virus della pandemia piuttosto che ai sultani. Eppure simbolicamente chi porta la corona dovrebbe saper governare, essere padrone quanto meno di se stesso.
Le carte dei tarocchi con le loro antiche simbologie si incontrano in una taverna e in vino (versato) veritas mettono in scena il capovolgimento del gioco delle parti. La Forza, ha perso il suo sguardo tranquillo e disinteressato e invece di tenere seraficamente le mani nella bocca del Leone, diventa domatore circense. Il Leone così salta nella corona di fuoco ed esce a fauci aperte aggredendo la Giustizia. Spada, bilancia e corona cadono a terra mentre il volto impassibile della giustizia super partes si trasforma nella smorfia disperata dell’Urlo.

 

Sul lato sinistro dell’opera un altro ambiente, una delle nostre enoteche che certo non vende anonimi fiaschi della casa. Qui nel silenzio e nell’ordine i vini sono incasellati con le loro etichette Doc, sugli scaffali davanti ai tavoli vuoti. Nessuna veritas, solo il silenzio: le bottiglie sono tutte chiuse.

Nel secondo lavoro, Le due Corone, a Game of Mirrors, la corona è quella dei denti, la nostra simbolica arma di difesa che spesso ritorna nei sogni di molti. L’incubo è quello del dentista che, nascondendo la propria bocca si insinua in quella del paziente.

L’immagine si riflette nello specchio. Il viso del dentista fermo, nascosto da mascherina, occhiali e cappello, riflesso nello specchio si contrappone a quello del paziente disperatamente impotente, privato delle sue armi di difesa, incapace di mordere, difendersi o parlare. Ma, mentre l’attenzione del dentista e forse anche dello spettatore, è concentrata sulla bocca aperta, sulla testa del paziente spunta una nuova corona insanguinata, che tanto ricorda i denti degli squali, molto più potenti della misera e malata corona nelle povere fauci umane.

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